XI cap. –  Ingratitudine di Golia IV  l'Irrisorio

 

    Gli anziani del villaggio non ricordavano una vittoria più bella e onorevole di quella ottenuta quel giorno.

I festeggiamenti iniziarono verso l'ora di pranzo.

 

    Un tavolo d'onore fu allestito in omaggio al generale uruko Gummhor, sullo stesso palco da dove questi aveva così gagliardamente inorgoglito con le sue parole i guerrieri pigmei.

Ripresosi dal terrore sofferto, Gumbluk se ne stava invece seduto ai margini del piazzale principale, furibondo per quello che aveva dovuto subire, usato com'era stato a mo' d'esca, per attirare in trappola prima Zeula e poi i Crockti che la seguivano.

 

    A proposito, che fine aveva fatto Zeula?

Seduto al tavolo d'onore Gummhor si fece improvvisamente questa domanda, proprio mentre arrivavano al piazzale anche le due guardie che normalmente stavano sempre accanto alla "reale" persona dell'Irrisorio.

Insieme alle due guardie giungevano inoltre le due ancelle,  liberate da Golia IV, che evidentemente al momento non voleva proprio averle tra i piedi. Queste iniziarono subito a cercare il loro Gumbluk, al colmo di una gioia finalmente ritrovata.

 

    Gesticolando vistosamente, Gummhor riuscì a farsi vedere dalle due guardie del corpo del re, e fece loro cenno di avvicinarsi, meravigliato dal fatto che avessero lasciato solo il monarca.

Quando queste furono anch'esse sul palco, in piedi di fronte al tavolo del generale, Hor le interrogò immediatamente.

 

    - Che significa questo? avete lasciato solo l'Irrisorio? e Zeula? è legata in modo sicuro... ho capito! appena il re l'ha vista l'ha fatta subito ammazzare, è ovvio! Bè, spero che l'Irrisorio non sia arrabbiato con me per... d'altronde a mio fratello Zeula piaceva, a me assolutamente no! ma mio fratello... e poi, il re aveva così insistito, è forse colpa mia!? -

 

    I due pigmei si guardarono in faccia, perplessi, dopodiché uno di loro rispose a Gummhor che il re era in realtà contentissimo, raggiante come solo può esserlo un innamorato al fianco della sua bella.

A Gummhor venne quasi un colpo apoplettico, dalla sorpresa. Per riprendersi, si versò dell'acqua e cominciò a bere avidamente.

 

    - E' per questo che ha mandato via tutti - continuò una delle due guardie - per rimanere solo con lei! ha fatto preparare una cenetta a lume di candela, fiori da tutte le parti, e poi ha mandato via tutti. Ha detto che avrebbe servito lui, personalmente, la nostra futura regina -.

 

    Manco a dirlo, quest'ultima notizia fece sì che al povero uruko mamelumo andasse di traverso l'acqua che stava trangugiando. Nel pieno degli spasmi, questi si alzò dal tavolo, rotolò giù dai gradini del palco e si diresse poi, in preda alle convulsioni, al centro del piazzale, dove i guerrieri pigmei stavano danzando da almeno una buona mezz'ora.

 

E si ripeté, identica, una scena già vista tanto tempo prima al villaggio degli uruki mamelumi, con Gummhor che cominciava ormai anche a vomitare rumorosamente:

 

    - Ehi! guardate! è arrivato Gummhor! E’ proprio lui, che onore! Vuole danzare anche lui insieme a noi!-

    - Ecco! sta raccontando come ha cacciato via i Crockti! avanti! facciamo come lui!! -

 

    Così, anche questa volta tutti i danzatori cominciarono a ripetere le convulsioni di Gummhor, vomiti compresi. 

Ed anche stavolta, con uno sforzo supremo, pur barcollando vistosamente, Gummhor a un certo momento riuscì a uscire dal gruppo dei danzatori, mentre i pigmei lo applaudivano. E arrivò infine casualmente proprio naso a naso con il nipote, mentre gli occhi gli si erano ormai colmati di lacrime.

 

    - Gumbluk, dimmi che non è vero! io...

    - Hai intenzione di continuare per molto!? sai che detesto le repliche! sei il solito esibizionista, e poi con te non parlo, lasciami, anzi lasciaCI in pace!! - e si voltò nuovamente verso le sue due morose ritrovate.

 

    Gummhor fece allora due passi indietro, sospirò profondamente, e poi sussurrò: - Allora addio, Gumbluk, povero nipote mio... - iniziò quindi a camminare, mesto, in direzione della foresta.

 

    Sentendo quelle parole, Gumbluk diede un pugno per terra, stizzito dallo strano comportamento del parente. Si alzò per raggiungere Gummhor e, rivolto alle sue due ragazze, pensò di tranquillizzarle:

    - Scusatemi tesorucce, ma "quello" avrebbe la capacità di rompere le scatole perfino se voi steste lì lì per crepare e lui invece per andare in vacanza! vado, ma torno subito! -

 

    Così si incamminò, seguito dai risolini divertiti delle due giovani pigmee.

Fatti alcuni passi velocemente, Gumbluk bloccò il lento procedere dello zio, ponendoglisi di fronte, e rimproverandolo severamente:

 

    - Ascoltami una volta per tutte! ora voglio che tu mi ascolti bene: ascolta! -

     - Sarebbe meglio che "tu" mi ascoltassi un momento, Gumbluk, povero nipote mio - replicò gravemente Hor, guardando prima il nipote e subito dopo indirizzando il suo sguardo verso terra.

    - No! Tu devi convincerti una buona volta che io ho diritto alla mia vita! Qui ho una casa, un buon lavoro e... e ho intenzione di mettere su famiglia! -

    - Con due donne!? -

    - Bè... mi correggo: metterò insieme DUE famiglie! perchè, forse non si può? -

    - Io volevo solo... -

    - No! IO "voglio solo sapere" cosa ti passa per la testa! qui ormai sei una persona riverita, onorata. La festa che stanno facendo è in TUO onore! Si può sapere cosa c'è adesso che non va? eh!? -

    - Zeula. E' un buon motivo? -

 

    Interdetto, Gumbluk improvvisamente non sapeva più che dire. Cominciò poi, guardando nervosamente a destra e a sinistra, a chiedere confusamente:

 

    - Zeula? Non... già, ma... legata, era sì, perché lui... il re l'ha... la doveva... dov'è Zeula, zio Hor!? -

 

    Gummhor fece un passo verso il nipote, lo afferrò per le braccia e lo strinse, mentre scandiva le seguenti, terribili parole:

 

    - E' ospite del re! E’ servita e riverita dal re! E diventerà LA REGINA di quel deficiente, pervertito, tappo regnante delle mie strapalle e di questi altri nani che non fanno altro che mangiare lumache, al mattino e alla sera, NON, LI, SOPPORTO, più!! hai capito ora, che invece della festa, a me... CI faranno "la festa" a tutti e due!? eh!? rispondi!? -

 

    Ma, anche volendo, Gumbluk non fece in tempo a rispondere alcunché.

Golia IV s'era infatti affacciato all'uscita della caverna reale, insieme a Zeula, sovrastando dal costone tutta la popolazione pigmea riunita in festa nella piana sottostante.

I pigmei smisero i festeggiamenti per raccogliersi ai piedi del loro monarca.

Una volta ottenuta da questi l'attenzione desiderata, l'Irrisorio proclamò a gran voce:

 

    - Ascolta, o popolo dei boschi!! Il vostro re vuole oggi darvi una grandissima notizia! Da questo momento... avete una REGINA!! -

 

I pigmei risposero in coro con un urlo di gioia.

 

    - La "vostra regina", Zeula, la nuova regina del popolo dei boschi - continuò l'Irrisorio - ha però espresso un suo grande desiderio... -

 

Un "sì" gridato all'unisono fu la replica dei sudditi.

 

    - Posso io rifiutarmi di fare il dovuto dono di nozze alla mia sposa!? - chiese quindi il re.

 

    Il "no" desiderato da Golia fu prontamente rilanciato da tutti i pigmei, mentre il sovrano iniziava lentamente ad alzare il braccio destro, stendendo l'indice della mano in direzione dei due poveri Gummi, che per prudenza erano rimasti in prossimità del margine della foresta, alle spalle della folla pigmea.

 

    - E ALLORA PRENDETELIIIHII!!! - urlò a squarciagola - catturate i due traditori, spie, portasfiga, sporcaccioni uruki mamelumi che osano impunemente chiamarvi pigmei e che hanno offeso anche la vostra regina! siano subito impalati, per lesa MAESTAAAHAAHAA!!! -

 

    Troppo tardi. L'istinto dei due uruki aveva infatti messo ad entrambi le ali ai piedi non appena questi avevano scorto l'indice destro dell'Irrisorio che andava puntando minacciosamente verso di loro.

Quando i pigmei si voltarono i due non c'erano più, come se fossero stati improvvisamente inghiottiti dalla selva.

 

    Zio e nipote smisero di correre solo quando, ormai usciti dalla foresta da almeno un'ora, e nel mezzo di una grandissima prateria, Gummhor inciampò in una zolla d'erba effettuando una interessante doppia capriola carpiata.

 

    - Gumbluk! Gumbluuhhhuk!! fermati! - implorava l'uomo, disteso a terra ansante, con gli occhi fuori dalle orbite e con poche pelli d'animale indosso...

    - Che fai! sei pazzo!? - protestò Gumbluk – Avanti! Alzati, corri!! -

    - No... non ce la faccio... io non credo che ci sia più pericolo! e poi, anche tu hai bisogno di riposarti un momento, Gumbluk, guarda come sei ridotto: anche tu sei tutto ansante, con gli occhi iniettati di sangue e... e con poche pelli di animali indosso -.

 

    Gumbluk si lasciò convincere, e si sedette accanto allo zio, riprendendo fiato poco a poco.

Osservava nel mentre il luogo dove si trovavano. Intorno a loro, nell'enorme prateria, pascolavano animali di varia razza e taglia, in una calma quasi irreale di una sera di primavera di tempi lontanissimi, senza vento, e senza nuvole.

 

    - Cosa faremo adesso? - chiese a un certo punto Gumbluk, rompendo l'incanto di quel momento.

    - Ho vinto... -

    - Uh!? che dici? che avresti vinto? -

    - Quella domanda stupida, scontatissima... avevo scommesso fra me e me che l'avresti fatta, rompendo l'incanto di questo momento... - rispose Gummhor senza voltarsi verso il nipote, ma seguitando a guardare un branco di uri che pascolavano in lontananza.

Era evidente come il cacciatore uruko stesse riflettendo sulla possibilità di riprendere la sua vecchia professione, e che perciò osservasse quasi con nostalgia i movimenti dei quadrupedi.

 

    - Vuoi rimetterti a cacciare gli uri? - domandò Gumbluk.

    - Sapevo che me l'avresti chiesto... -

    - Zio Hor. Sto per farti mangiare una zolla di terra e erba... -

    - Uff! e allora tu smettila di ascoltare le dicerie... NO!! non ho alcuna intenzione di perdere ancora il mio tempo dietro quelle bestiacce puzzolenti, voglio fare qualcosa di più tranquillo -.

    - Per esempio? -

    - Sapevo che avresti fatt... ehmmm, per esempio, dopo le grandi montagne, nella lunga terra in mezzo al mare, conosco un posto dove sanno fare una ceramica eccezionale -.

    - Vuoi costruirla? -

    - No. Voglio commerciarla. E qui purtroppo, entri in gioco tu -.  

    - Ti serve il mio aiuto. Bè, posso comprenderlo, ormai sei vecchio... -

    - Ascolta, invece di dire scemenze. Se Zeula è diventata la regina di quelli lì, non mollerà di certo una situazione del genere, così vantaggiosa. Ne convieni? -

    - Bè, zio Hor, che ti posso dire... certo, se anch'io fossi divenuto regina... -

    -...saresti la moglie di Golia IV! che crockto vai dicendo!? ascolta piuttosto: Zeula manderà a chiamare e farà sicuramente arrivare al villaggio pigmeo anche le sue tre figlie, e così, finalmente tu potrai entrare in possesso dell'eredità che ti spetta, ossia della tua casa, che "noi" venderemo per avere abbastanza conchiglie per andare a comprare le ceramiche necessarie e quindi iniziare la "mia" nuova attività! -

 

    - Zio Hor! sei un genio! Ma... per entrare in possesso dell'eredità devo anche essere alto più di tre salti di rana, ricordi? lo dice la nostra legge! -

 

    - Uhmmm, sì, è vero. Questo potrebbe essere un problema. Vediamo... rimani un attimo così, in piedi, che controllo - .

    - Io, io NON SONO IN PIEDI!! - gridò Gumbluk, alzandosi di scatto da terra, e rosso in volto per la rabbia.

    - Ah! meglio così, meglio così, allora!! eh! mi ero preoccupato! ma sì - fece Gummhor, osservando la schiena del nipote - è quasi dritta, ormai, la schiena è quasi dritta. Sei sicuramente in grado di entrare in possesso della "nostra" eredità! -

  

    I due uruki si avviarono così in direzione del loro villaggio mamelumo.

Ma la discussione continuò a lungo: Gumbluk non era infatti più tanto convinto della bontà della nuova idea dello zio. Perché avrebbe dovuto lasciare il certo (la casa paterna) per l'incerto (le ceramiche che Gummhor voleva andare a comprare nella lontana "terra lunga in mezzo al mare")?  

 

    - Bè, allora come non detto! - fece a un certo punto Gummhor, spazientitosi.

 

    - Ripeto: come non detto! anzi, guarda, a questo punto dividiamoci. Tu tornatene pure al tuo villaggio, ma io... io andrò da solo! troverò lungo la strada le conchiglie necessarie per comprare abbastanza ceramica, organizzando qualche battuta di caccia! Iocca, nipote! salutami tutti quanti al villaggio! -

 

    Hor voltò così per una direzione differente da quella che l'avrebbe portato al villaggio mamelumo, lasciando da solo il nipote che, incerto sul da farsi, era rimasto come impalato, mentre osservava lo zio allontanarsi con passo deciso, finché questo non scomparve al suo sguardo.

 

    La vicenda poteva considerarsi conclusa, con i due uruki che riprendevano pressappoco la loro vita usuale: al villaggio mamelumo, Gumbluk, e in giro da qualche parte, Gummhor.

Ma questa volta, senza la pericolosa donna in mezzo ai piedi.

 

    Il ragazzo in verità non è che avesse una chiara idea di come raggiungere il proprio villaggio, e neanche quanto questo fosse lontano. Ma l'orgoglio che lo pervadeva lo fece comunque incamminare risolutamente verso quella che sembrava apparirgli come la giusta direzione.

 

 

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