III cap. – La grande fuga    

 

44.444 a.c., territorio francese odierno di La Ferrassie - sentiero al limitare della foresta che avvolge la Grande Radura del villaggio uruko.

 

 

    E il giorno tornò. E anche la notte tornò, mentre la luna attraverso il cielo terso seguitava a rischiarare la foresta che circondava il villaggio dei bravi Uruki mamelumi.

"Gummhor degli uri" attendeva il nipote, seduto con la schiena contro un tronco d'albero.

Ma il tempo passava, passava stancamente e inutilmente finché non sopraggiunse l'alba.

Improvvisamente Gummhor, destatosi dal torpore che lo aveva ormai pervaso quasi del tutto, con uno scatto animalesco balzò in piedi, si arrampicò sull'albero in un batter d'occhio e si appollaiò quindi su un grosso ramo della pianta. Di nuovo infatti il silenzio della  foresta veniva rotto da rami anch'essi rotti e da frasche piegate da una strana creatura con gli occhi fuori dalle orbite, iniettati di sangue, ansante, e con poche pelli di animale indosso.

 

    Benché immerso in un evidente stato di terrore nel quale si poteva essere naturalmente indotti a causa di una così orrenda visione, Gummohr "il cacciatore", con sprezzo del pericolo e disprezzo dell'essere abominevole, si gettò dal grosso ramo proiettandosi sul mostro repellente.

Questo dimostrò allora tutta la vigliaccheria di cui poteva essere capace, cercando di confondere l'uruko con parole menzognere:

 

        - Aahhg! zio Hor, lasciami! sono io! sono Gumbluk! per favore!? - 

        - Mai!! non ti credo! ti ho colpito con un pugno, e seguiterò a colpirti con dei calci, e poi con la testa, e poi con un bastone e... e così via!! -

        - Ahi! basta, ti ripeto che sono tuo nipote!! -

        - Già! Infatti! prendi questo! dove hai messo mio nipote, cosa ne hai fatto? Certamente l'hai divorato, brutta bestia schifosa e maledetta! Tu... tu stai soltanto dimostrando tutta la vigliaccheria di cui puoi essere capace, cercando di confondere l'uruko con parole menzognere; lo so, l'ho sentito dire! uhmmm... veramente sei Gumbluk!? E perché non l'hai detto subito?-

 

Così dicendo, nonché alquanto mortificato, Gummhor tese allora il suo braccio verso il nipote dolorante e steso ancora a terra. Il ragazzo rifiutò però l'aiuto, evidentemente in collera verso il parente, cercando di rialzarsi da solo.

Un moto di sconforto si impadronì a quel punto del giovane mamelumo. E dalle parole che rivolgeva allo zio si poteva intuire quanto Gumbluk non fosse più molto sicuro di proseguire l'avventura appena iniziata.

 

    - Ehi, zio Gummhor! te l'ha mai detto nessuno che sei una vecchia, imbecille testa di crockto sottosviluppata!? -

        - Ehmm... capisco che tu ora possa sentirti in collera con me... Ma non si esce da una foresta conciati in quel modo, che diamine!! Su, alzati adesso! -

        - Malediz... sono GIA’ alzato!! Sentimi bene: non se ne fa più niente. Senza rancore, tu te ne vai di là, e io me ne torno di qua! -

        - Torni!? -  

        - Sì, torno! -

        - Veramente avresti il coraggio di tornare da Zeula!? -

 

    Soltanto a sentire quel nome, quel suono agghiacciante, Gumbluk ammutolì, mentre un brivido lo scosse vistosamente.

 

    - Tu credi veramente che quella donna - proseguì Gummhor - ti permetterà di ritentare una fuga e di ritornare un giorno a casa tua, per reclamare la tua eredità, e per cacciarla poi a calcioni dal villaggio? Bè... ascolta allora! Come è vero che non è gradevole tenere una rana viva in bocca per molto tempo, così credimi: Zeula ti ucciderebbe molto tempo prima! E come è vero che non è neanche piacevole baciare il culo di una rana appena uscita dallo stagno, così convinciti anche del fatto che Zeula non rimarrà ad aspettare che tu possa tornare, ma ti inseguirà chissà dove fino a quando in capo al mondo pur di farti a pezzi! perciò muoviamoci, e anche subito!! -  

        - Burp... che schifo! ma si può sapere perché ce l'hai tanto con le rane ? -

        - Ah, quelle! tu non sai cosa mi hanno fatto... un giorno ti racconterò tutto. Ma ora andiamo! -

        - Secondo me, zio, tu esageri! Zeula a quest'ora starà al massimo chiamandomi dalla soglia della porta, credendo ingenuamente che io abbia perso nuovamente la strada di casa giocando a nascond... -

 

Il sibilo, ed il successivo conficcarsi dell'ascia di pietra nel tronco dell'albero più vicino a Gumbluk interruppero le parole troppo fiduciose di questi che, in preda al terrore, mormorò:

         - Zzz...zeze... -

        - Zeula!? - esclamò invece Gummhor, strattonando poi il nipote che era rimasto praticamente impietrito dalla paura - corri, nipote! corri, se ci tieni a non fare la fine delle rane quando... -

        - Insomma! scappiamo, ma non mi  rompere più le pelli con le tue  maledette  rane, non  le  sopporto, mi  hai stancato!! -

 

Un altro sibilo, e un'altra ascia che si andava a conficcare accanto alla precedente posero termine alle discussioni, dando il via ad uno scatto da cinquantametristi che si lasciò dietro Zeula e le sue imprecazioni rivolte soprattutto al ragazzo:

 

    - Maledetti Gummi bastardi! Vi inseguirò in capo al mondo e vi scannerò con le mie mani! Gumbluk!! non avrai mai l'eredità!! Mi senti!? non l'avrai maahaahii!!! -

 

Si sedette quindi sul terreno come esaurita dal livore che le divorava spietatamente il fegato, seguitando a maledire fra sè e sè il povero Gumbluk:

 

    - Verme gobbo e ingrato, andare via così, senza neanche un graffito di saluto. Dopo tutto quello che ho fatto per te, per la tua salute, il tuo futuro, soprattutto il tuo futuro mi premeva, e mi preme ancora che tu NON abbia, futuro... -  

 

 

 

*    *    *

 

 

 

    La luce era ormai pienamente padrona della nuova giornata.

I due compagni di fuga si incamminarono di buon passo, allontanandosi sempre di più dalla foresta degli Uruki mamelumi, e dirigendosi verso quei "nuovi percorsi della vita che a volte si presentano di fronte a un uomo, così come anche a una donna, all'improvviso, mutando quello che in apparenza sembra un inevitabile, piatto destino, ma che destino in realtà non è; è piuttosto l'attesa, a volte lunga attesa, che custodisce i nostri desideri, i nostri sogni, fino al momento cruciale, fatidico, che apre le porte all'avventura della nostra vita"; queste ultime furono le parole che Gummhor rivolse lungo la strada al nipote, per incoraggiarlo, mentre deceleravano il loro passo, lontani ormai abbastanza dalla donna che di certo avrebbe però ripreso in breve a tallonare la coppia di fuggiaschi.

 

    - Zio... - replicò Gumbluk, sorpreso ed ammirato dalla profondità di quel pensiero appena ascoltato - sono sorpreso ed ammirato dalla profond... ehmmm... insomma, mi hai convinto! Bè, e adesso dove andiamo? -

        - Lontano da "qui"! - rispose con decisione Gummhor.

      - Va bene, non discuto, e poi ? -

        - E poi - fece nuovamente Gummhor, fermandosi e fissando con gli occhi corrucciati il nipote - lontano da anche da "lì"! Non devi infatti dimenticare, Gumbluk, che per adesso, in questa “avventura della tua vita”, è presente anche qualcuno che è fermamente intenzionato a ucciderci, a farci a pezzi così come farei io con le ran... insomma, hai capito qual'è il problema in questo momento, Gumbluk!? -

 

    Gumbluk dimostrò allo zio di aver compreso la gravità della situazione deglutendo a fatica e rumorosamente, dopodichè mormorò: - Allora... scappiamo anche da "là" e anche da "qua"! -

        - Finalmente: vedo che hai capito -.

 

 

    Mentre zio e nipote proseguivano il cammino cercando di far perdere le loro tracce alla pericolosa inseguitrice, a una settimana di cammino dalla grande radura uruka una moltitudine di gente era andata ad accamparsi, ed altra ancora seguitava ad arrivare là dove si stendeva, rialzata circa quaranta metri dal terreno circostante, una vasta prateria inanellata completamente da rocce spoglie ed aspre.

    Il panorama era un'evidente eredità vulcanica che Gumbluk poté osservare affascinato dal ciglio più alto della montagna dove infine erano sbucati i due fuggiaschi, uscendo da una fitta vegetazione che sembrava non voler finire mai, e che invece alla fine lasciò libero ai loro occhi lo spettacolo di una pianura che si stendeva a prato e a perdita d'occhio e, al centro di questa, quello strano gioco della natura: un'altra prateria rialzata e circondata da una cornice rocciosa e circolare.

 

    - Questa non te l'aspettavi eh!? dì la verità, Gumbluk! -

        - Per tutti... -

        - Già: ed è solo uno dei tanti spettacoli che la natura ci offrirà durante il nostro cammino -

        - Ma come può accadere... -

        - Eh! Te l'ho detto, mio piccolo uruko: è la natura... -

        - E se fosse stato un gigante...? Mi spiego meglio: ricordo per esempio che un giorno Zeula cadde di sedere sopra una montagna di letame, e... -

 

    Con un cenno della mano, e senza distogliere gli occhi dall'altopiano erboso, Hor zittì la chiacchiera del nipote, invitandolo poi, sempre silenziosamente, e con l'indice puntato verso il cratere, ad osservare la processione umana che andava e veniva dal luogo.

 

    - Eh! Di che ti meravigli, zio Hor? è la natura...-

        - Non dire idiozie, Gumbluk! La natura sono le cose, gli animali e le piante. Ma gli uomini, gli uomini sono un'altra cosa! Vedi: al mondo c'è la natura... e c'è l'uomo; è stato sempre così, e sempre così sarà, finché uno dei due non soccomberà, ossia finché l'uomo non sottometterà e distruggerà completamente la natura. "E allora l'uomo vittorioso, rimasto solo, contemplerà e godrà del suo operato!" Così dice la profezia, Gumbluk! Però a me sembra una grossa palla marrone fumante di uro... tu che ne dici!? -

        - Sono pienamente d'accordo, zietto. Però... ora ascolta me: vedi quella grossa zona lasciata libera, vuota, proprio al centro dell'alta prateria? -

        - Sì, ebbene!? -

        - Non ti sembra un po’ strano, zio Hor? -

 

    Hor pensò per alcuni istanti, prima di rispondere al nipote. E mentre rifletteva il cacciatore uruko faceva ruotare istintivamente la mascella, come solo lui era capace di fare. Molte erano le persone che a volte gli facevano le più svariate e strane domande solo per godersi quello spettacolo...

 

        - Ehi, nipote! -

        - Sì, zio Hor!? -

        - Non è per caso che tu in realtà voglia solo vedere ruotare la mia mascella!? -

        - Ma zio! cosa stai dicendo... -

        - Uhmm... è che ho sentito certe voci in giro... Bè, apri le orecchie allora, perché  credo di  poter rispondere correttamente alla tua domanda -.

 

    Hor raccontò perciò a Gumbluk di quella necessità che gli uomini in genere avevano di comunicare con gli spiriti invisibili...

 

     - Vedi Gumbluk, - continuò il cacciatore - una volta non era così, una volta gli uomini parlavano solo con gli uomini. Ma poi l'uomo diventò superbo... Un giorno infatti questi pensò di coprirsi il capo con un berretto, e in questo modo scoprì che esisteva qualcosa di invisibile e inafferrabile che poteva far volare lontano quella vanità che egli si era posto stoltamente sulla testa.

Ora: a un cretino del genere pensi di potergli far capire che ciò che gli aveva fatto volar via il cappello altro non era se non il naturalissimo "vento"!? Impossibile! e poi ci sono quelli che ci mangiano sopra! -

        - Uh? Come sarebbe a dire? -

        - Immagina la scena: uno, più furbo degli altri, un bel giorno esce di casa e si mette anche lui in testa il cappello, seguendo l'ultima moda... ci sei!? -

        - Sì, immagino la scena, non è difficile...-

        - Bene: a un certo punto arriva una folata di vento che fa volare via il cappello all'individuo che, così, per dire, magari pensando di fare una battuta, senza pretese, magari credendo di non essere neanche ascoltato da nessuno, dice "oh! e chi è il burlone che mi ha portato via il cappello!?" ma, ripeto, così, per ridere... e invece questo tizio, dopo che si è ripreso tranquillamente il suo cappello che era finito sul ramo di un albero, si volta, e che ti vede? -

        - Che ti vede!? -

        - Una folla!! Un mucchio di gente che si è raccolta improvvisamente intorno a lui e che lo guarda con gli occhi sbarrati, la bocca aperta e la mascella cadente, e allora “lui” capisce! -

        - Cosa, zio, cosa capisce!? - incalzò Gumbluk.

    - Di avere in pugno l'occasione della sua vita! Perché capisce, capisce e pensa: "questi sono proprio scemi, ora li aggiusto io"! Così, allargando le gambe e le braccia, comincia a d’un tratto a gridare: "Dunque avete visto! avete visto tutti!! EGLI ha gradito il MIO sacrificio, prendendo direttamente il cappello dalla MIA testa e mettendoselo LUI, sui suoi rami sacriihiii!!". La gente fa: "Oohhoo!!". E il furbone fa: "Giù il cappello! Prostratevi di fronte al dio Pioppo, di cui io sono il sacerdote designato, suo umilissimo servo, sacro e perciò inviolabile! Che fate lì impalati? muovetevi! Il dio Pioppo mi ha detto che VOI dovete costruire subito una casa degna di LUI, dove IO abiterò... e intanto portatemi qualcosa da mettere sotto i denti!". -

        - Ma... e tutto questo cosa c’entra con il grande spiazzo vuoto in mezzo alle tende? -

 

    Hor sbuffò spazientito: - Allora fino adesso io ho parlato a vanvera! Ma non capisci? Quello è evidentemente il posto prescelto per costruire il tempio del dio, del dio... che ne so, forse del dio “Alta Prateria”.

Magari un macigno sarà rotolato giù e "qualcuno" subito avrà cominciato a strillare che il dio dell'alta prateria era arrabbiato con gli uomini perché questi non gli costruivano una casa e non gli portavano i doni, ecco!-

        - Costui sarebbe "il furbo"... -

        - Finalmente! bravo Blukkino, vedo che hai capito -.

 

    La processione umana che andava e veniva dalla pianura rialzata presentava un flusso in realtà sporadico, benché comunque significativo.

Sul campo base erano state ormai realizzate diverse capanne provvisorie, ed altre ancora stavano in costruzione.

I due Gummi, zio davanti e nipote dietro, dopo essere scesi dalla montagna che sovrastava quel caratteristico altipiano d'origine vulcanica, si introdussero nel villaggio spinti più dalla curiosità che non da un oggettivo bisogno.

A Gumbluk venne però improvvisamente in mente l'aspetto pericoloso di quella passeggiata turistica, che fino a quel momento non aveva considerato affatto, ma che ora gli stava causando un attacco di fifa non indifferente.

 

    - Cosa vuoi Gumbluk? Perché mi stai tamburellando la schiena!? -

        - Ehmm, zio... per favore, fermati. Fermati un momento-.

 

    Gummhor si fermò e si voltò, fissando il giovane con una lieve ma chiara espressione insofferente e interrogativa. Questi riprese subito a parlare:

 

    - Ecco, il fatto è che mi è venuto in mente che... sono Crockti in carne e ossa questi che abbiamo intorno, vero? -

        - E allora? Di cosa hai paura, Gumbluk!? I crockti sono dei gran vigliacchi, lo sai... e tu, tu  stai con ME, con Gummhor, "Gummhor degli uri"! di che cosa puoi mai avere paura!? -

        - Dei Crockti! te l'ho detto! -

        - Ascoltami, ragazzo! Tutte quelle storie che ti hanno raccontato sui Crockti, che ti fermano, che ti chiedono quante dita ha la loro mano e che poi ti pestano se rispondi esattamente, sono tutte bugie belle e buone. Non è vero nulla! capisci Bluk!? -

        - Se lo dici tu... - 

 

    Rispondendo in tal modo allo zio, Gumbluk seguitava però a voltarsi e a guardarsi sospettosamente intorno, non accorgendosi così che Gummhor nel frattempo aveva ripreso a camminare per l'accampamento, convinto di essere seguito dal nipote.

Quando il ragazzo uruko si ricordò nuovamente dello zio Hor, era ormai troppo tardi. Il cacciatore era sparito alla sua vista.

    Il terrore cominciò così ad attanagliarlo, mentre cercava di riflettere ad alta voce:

 

    - Non so se lo zio abbia o meno ragione... ma qui mi conviene cercare di passare inosservato... -

        - Ehi tu! gobbetto con la faccia da mamelumo idiota! - gli fece subito uno da un capannello di Crockti che stavano chiacchierando a poca distanza.

        - Ehmm... dite a me!? -

        - Certo che dico a te! vedi forse qualche altro con la gobba e la faccia da mamelumo idiota? Avanti, avvicinati! -

 

Gumbluk, intimorito, obbedì al tizio, cominciando ad avvicinarsi cautamente. Nel mentre cercava disperatamente di farsi coraggio mormorando a denti stretti:

    - Lo zio ha detto che non è vero niente. Ha detto che sono tutte menzogne. Ha detto che non devo avere paura. Lo zio ha detto... -

        - Allora, rispondi: quante dita ha questa mano!? -

        - Porcozzìooohoo!!! -

 

 

 

    Nel frattempo Gummhor si andava accordando con uno dei capi crockti per una battuta di caccia agli uri.

 

    - E' stata una bella fortuna che tu "Gummhor degli uri" sia passato proprio da queste parti. Capisci: abbiamo bisogno di viveri per continuare a stare qui... -

        - Cosa avete intenzione di costruire? -

        - Uh? Costruire? noi non dobbiamo costruire proprio nulla. Noi dobbiamo solo aspettare, ma non sappiamo bene quanto. Comunque è imminente... una settimana, due al massimo, ma potrebbe essere anche stanotte stessa... -

 

    Osservando l'espressione chiaramente incuriosita di Gummhor, il crockto comprese che forse era il caso di essere più esauriente. Proseguì quindi:   - Possibile che tu non sappia proprio  nulla!? -

    - Ti assicuro, uffa! parla! spiegami che diamine significa tutto questo... no! non dirmelo: state costruendo una roccaforte! dobbiamo difenderci da una invasione di selvaggi dell'est? del sud-est!? -

   

    Il crockto sorrise, negando con il capo, ed indicando al cacciatore la direzione della volta celeste...

 

        - Eh!? dall'alto? un'invasione di uccelli? le cavallette!? le zanzare!? io odio le zanzare! -

        - Niente di tutto ciò! preparati: perché sta arrivando Giove! e questo significa che avevano ragione i Crockti, e torto i Mamelumi... -

       - Ancora con questa storia!? ancora insistete? Voi traducete male il Graffito Sacro della Grotta del Profeta, ve lo dovete ficcare in quella testaccia di crockto, una volta per tutte!! -

      - E invece no! “Voi” traducete male! Infedeli!! la prima riga del graffito è chiarissima. Il "Discepolo" chiede infatti al "Maestro": Maestro dimmi: perché a volte cade l'acqua dal cielo?-

        - Il punto non è questo, ma quello successivo, non barare!!-

        - Ma chi bara!? se tu mi interrompi... fammi finire! -

        - No! finisco io: perché la risposta alla seconda riga del graffito è che il "Maestro" risponde al "Discepolo": “Perchè piove!" è semplicissimo! e non "Per Giove", come stupidamente seguitate a dire voi Crockti!!-

 

    Per tutta risposta il crockto cominciò a sogghignare sonoramente. Si riempì poi i polmoni per inspirare solennemente, dopodiché avvicinando il proprio naso a quello di Gummhor, sibilò:

 

    - E allora... e allora preparati, incredulo uruko mamelumo. Preparati a vedere la grande sfera scendere nuovamente! perché essa è già venuta, e gli dèi sono scesi. E hanno detto che sarebbero tornati. E hanno anche detto che due di noi sarebbero andati a parlare con il loro re!! Così una volta per tutte vedremo chi è che ha ragione, ah! ahà! -

        - Tu hai masticato troppi papaveri secchi, dai retta a me! -

 

Così dicendo, e con aria disgustata, il cacciatore uruko volse le spalle al crockto chiedendosi dove potesse mai essere finito il nipote.

    Vedendo trascinarsi nei suoi paraggi un povero disgraziato zoppicante, pieno di graffi e lividi che si lamentava penosamente, Gummhor gli si rivolse con tatto: - Aehmm... mi scusi, immagino che lei abbia i suoi problemi... ma non è che per caso ha visto un ragazzo lievemente deforme e che... ah! sei tu! ma dove ti eri cacciato? si può sapere cosa ti è accaduto, eh!? - 

        - Guarda, zio Gummhor, guarda le mie mani. Quanti sassi vedi? -

        - Facile... due! due sassoni tondi tondi e belli grossi! e cosa ne vorresti fare, caro Blukkino mio!? -

 

    La risposta, ovverosia la scena raccapricciante che seguì fu osservata con difficoltà dal crockto ancora lì vicino, non essendo questi affatto abituato a vedere tanta violenza come quella che in quel momento si stava abbattendo implacabilmente sulle disgraziate membra di "Gummhor degli uri".

Il pestaggio richiamò l'attenzione di un nutrito numero di persone, che guardavano e commentavano fra loro; finché uno di questi, scorgendo d’un tratto qualcosa di strabiliante in cielo, cominciò a gridare a squarciagola:

 

    - La palla!! è tornata! è tornata la grande pallaaahaa!!! -

 

    Al che nessuno si curò più improvvisamente dei due uruki.

In preda a un'eccitazione straordinaria i Crockti correvano di qua e di là mentre zio e nipote, ancora per terra, ponevano termine al loro dissidio per assistere prima al parapiglia che si era creato, e poi, alzando all'unisono gli occhi al cielo, al fenomeno della grossa palla volante...

 

    - Guarda Bluk, guarda!! -

        - Che... che, che... -

        - Allora è vero! -

        - Uh? tu sai cosa sta accadendo, zio Hor!? -

        - I Crockti la stavano aspettando, perché era già venuta una volta... aspettavano proprio quella cosa là... e credono che là dentro ci siano degli Dei! -

 

 

*         *         *