V cap. – Giove  Rebbe

 

 

    Gumbluk non voleva decidersi a lasciare l'atrio d'ingresso dell’astronave in cui ancora si trovava.

Alla fine però, preso un po' di coraggio a due mani, il ragazzo cominciò a muovere con cautela i primi passi verso un corridoio che saliva a spirale lungo il perimetro della grande sfera volante.

Arrivato a una altezza che corrispondeva al piano più largo dell'astronave, dal lato interno di questa iniziò d’un tratto a scorrere un pannello della parete. Si formò in tal modo l'accesso a una grandissima sala, in fondo alla quale si poteva scorgere una serie di posti a sedere disposti a semicerchio e dallo stile spartano. Al centro di essi si ergeva un grande scranno particolarmente curato... e di fronte a questo due semplici seggiole, di cui una occupata da uno strano essere.

 

    Nella sala non vi era nessun altro, così come non vi era altro genere di arredamento; ma era chiaro come il posto dovesse servire a riunire più persone, o comunque per degli incontri ufficiali con chiunque là dentro comandasse.  

 

    - Ehi! psss! psss!! –

 

    Gumbluk cercava, senza però riuscirvi, di attirare l'attenzione dello strano individuo seduto che gli volgeva le spalle.

 

    - Però... - andava  considerando  fra sé e sé - non sono in fondo tanto diversi da noi... guarda: hanno una testa, capelli e probabilmente tutto il resto. E poi vestono anche tale e quale a noi! Usano pelli, e nemmeno tanto belle -.

 

    E mentre commentava la figura dell'alieno seguitando a constatarne l'aspetto simile al suo, Gumbluk anche andava approssimandosi sempre di più a questi; come se quella somiglianza generale, tranquillizzandolo, lo inducesse inconsciamente ad avvicinarsi a quell’essere solitario.

Cominciò così a sentire degli strani suoni provenienti da lui... proprio come un quieto, ma rumoroso russare.

 

    - Ecco, lo sapevo che ci sarebbero stati problemi con la lingua! E ora chi ti capisce a te!? –

 

    Arrivato infine a ridosso delle spalle dell'alieno, Gumbluk non poté fare a meno di arricciare il naso, mentre questo terminava da parte sua il suo parlare-russare e si andava assestando meglio sulla seggiola.

 

    - Phù!! Senti che puzza! Questi devono essere selvaggi, altro che Dèi!! Questo qui poi non si lava almeno da quattro mesi! che schifo! E poi guarda come sono fatti male, e poi... –

    - Insomma! Basta! La pianti o devo spaccarti una di queste sedie sulla gobbaccia, eh!? -

    - Ma... zio Hor!! sei proprio tu!? E perché non mi hai risposto prima... quando ho fatto "psss psss"? -

    - E chi ti ha sentito? Mi ero addormentato, ero stanco, qui non si vedeva ancora nessuno, e tu non ti decidevi ad arrivare, perciò... -

 

    Gummhor interruppe con un sonoro sbadiglio la sua replica al nipote, stropicciandosi al contempo gli occhi.

Cominciò poi ad osservare meglio la grande sala, perplesso e spazientito allo stesso tempo.

Ma non fece in tempo ad esternare le proprie considerazioni, poiché improvvisamente si spalancò un altro pannello della parete circolare. Da questo entrò un manipolo compatto di alieni che si schierò marzialmente, lasciando passare di fronte a sé due autorità che a loro volta andarono a sedersi ai due lati del seggio regale.

Fece infine il suo ingresso colui che avrebbe preso solennemente posto sul trono.

 

    Il quadro, anche se scarno, era ormai completo, ed il capo alieno infatti, dopo essersi consultato con l'individuo posto alla sua destra, cominciò a parlare, rivolgendosi ai due Gummi in piedi di fronte a lui che lo fissavano con evidente timore.

 

    - Non abbiate paura, o villici di codesta terra! riponete lo manifesto timore che intravedo ne li vostri occhi e assedetevi, acciocché si possa parlar come più ci garba! -

    - Ehi, zio Hor! come cacchio parla questo qua? io non ho capito nulla, e tu? -

    - Uhmmm... ho capito che possiamo sederci per parlare... somiglia a una lingua che ho conosciuto tanto tempo fa, quando andai a cacciare molto lontano da qui, a sud, nella "terra lunga in mezzo al mare"; non è difficile, fai attenzione... -

 

    Il capo-alieno, vedendo la reazione dei due ospiti alle sue parole, si consultò in fretta con i suoi due consiglieri, dopodiché riprese:

 

    - Ahemmm... ecco: lo motivo per lo quale voi poco capite è

 perché los tradutores simultaneos... accidentes, merd!! –

 

    L'alieno, inviperito, colpì con una serie di pugni un piccolo apparato che teneva fissato alla cintura, e che doveva essere proprio il traduttore simultaneo che aveva cercato di menzionare a suoi due interlocutori.

 

    - Uan, tu, trì, for, facchiù!! - altre botte al povero apparecchio - Uno, due, tre, quattro, prova... ah! mò funziona, 'sto bischero 'ostruito da 'n bischero buaiolo!! Allora, dicevo, di donde venite o viandanti della sfera celeste avvolta dalle soffici e candide nuvole eteree? -

 

    Gummhor pose a questo punto una mano sul petto del nipote, mormorandogli con estrema calma:

 

    - Aspetta. Lascia parlare me... ti ho detto che conosco questa lingua - e quindi, rivolgendosi all'alieno: - O la maiala de la tu mamma!! O che NOI dobbiamo dire a TE di donde veniamo!? VOI dovete dire di donde verga siete partiti, acciocché poteste romper in cotal modo le nostre qua presenti!!-  

 

    - Ehmm, zio... zio Hor! non ho capito molto di quello che gli hai detto, però... non esagerare, ti fai prendere sempre la mano!! -

 

    Nel frattempo un tecnico alieno aveva riparato tempestivamente il traduttore simultaneo...

Il comandante dell'astronave, leggermente rosso in volto a causa delle parole caustiche appena pronunciate da Gummhor, rispose a questi lasciando trasparire dal tono forzatamente solenne un leggero risentimento nei confronti del terrestre:

 

    - Ascoltate: non era nostra intenzione offendervi, bensì di fare amicizia. Ecco, noi veniamo da molto lontano... -

 

     - Hai visto zio Hor!? adesso parla bene! –

 

    - Sssh! non interrompere! Un po' di educazione... -.

 

    Il comandante dell'astronave, di nuovo leggermente rosso in volto a causa dell'interruzione di Gumbluk, riprese il suo discorso lasciando anche stavolta trasparire dal tono forzatamente solenne un leggero risentimento nei confronti dei terrestri:

 

    - Bè, io ci rinuncio!   parlate voi  due allora, visto che vi piace tanto!! -

    - Hai visto, Bluk!? L'hai offeso! E adesso tocca a me imbonirlo in qualche modo, altrimenti questi ci buttano tutti e due ai pesci! -

    - Ma no! ah ah!! ma che dici, zio, questa qui mica è una barca! Ma quali pesci, eh ehè!? -

    - Grrr... era un modo di dire, era UN MODO DI DIRE, va bene!? Ora stai zitto... e ascolta! -

 

    Hor tossì quindi lievemente, come per darsi un contegno, dopodiché si rivolse compunto nuovamente all'alieno, prima con una lieve indecisione:

 

    - E così, così siamo tutti qui! Bene! eh eh! bene... -

 

Poi, di scatto: -... O monarca delle stelle lucenti!! o Re di tutte le cose viventi e poco viventi! Perdona i nostri modi grossolani che poco si adeguano alla Vostra magnificenza... -

 

    Gli alieni si guardarono tutti fra loro, compiaciuti delle parole ossequiose da parte del terrestre.

Soprattutto il comandante, cui erano rivolte quelle parole di Hor, lanciò un'occhiata soddisfatta al resto della corte, come a voler dire: "Visto? li ho sistemati..."

La cosa non sfuggì al cacciatore mamelumo che, rincuorato, poté riprendere il suo discorso con una certa serenità:

 

    - Perché  mai noi  siamo qui?  Perché!? Io credo  che  noi siamo qui soltanto  perché  desideriamo  conoscere la  VERITA', quella  verità  che  VOI e  soltanto VOI  potete dirci! -

    - Quale VERITA'!? - tuonò interrompendo in modo pretestuoso e invadente uno dei membri della corte, come se fino a quel momento non avesse aspettato altro che la prima occasione utile a farsi notare.

 

    - Ecco... il discorso è un po' complicato, - proseguì Hor - dunque ecco, però... perché prima non ci presentiamo? io, per esempio mi chiamo Gummhor, e questo qui è mio nipote Gumbluk! eh!? “Sua Maestà” che ne dice? -

 

    - Uhmm... sì, gioverebbe... -

 

    - Eh!!?? Gumbluk!! maledizione!  hai sentito!?? hai sentito anche  tu!? dimmi che  non  è  vero! dimmi  che ho  sentito male!! -

 

   - Sì zio Hor! ho sentito anche io: Rebbe, Giove Rebbe! ora abbiamo anche il cognome!! -

   

 - Ma è impossibile che i Crockti abbiano ragione!! Non è possibile!! Il Sacro Graffito, il discepolo e il maestro... l'iscrizione era chiara, maledizione! e invece no... l'acqua scende dal cielo "PER GIOVE" e non "PERCHE' PIOVE"... il discepolo, il maestro, bastardi! Tutti e due bastardi!!! devono crepare sotto un miliardo di zoccoli di uri che li calpestano e che... -

  

  - Psss... zio Hor, non fare così, contieniti! Zio!! guarda come ci stanno fissando, contieniti, ho detto. E poi, in fondo, cos'è più importante: che abbiano ragione i Crockti o i Mamelumi, o sapere piuttosto come stanno effettivamente le cose!? -

 

    - Uh? Ehi, nipote! guarda che non ti sopporto quando fai il saggio saccente... - replicò Hor gesticolando contrariato verso Gumbluk - la faccenda è tragica, non capisci!? Noi non possiamo dire bugie, e perciò dovremo darla vinta ai Crockti! Tu... tu non trovi che questo - proseguì il mamelumo con sarcasmo - possa essere leggermente seccante, eh!? -

 

    A questo punto le teste dell'intera corte si volsero all'unisono verso Gumbluk. La questione ormai li incuriosiva, e tutti si aggiustarono ben bene l'auricolare del proprio traduttore simultaneo per non perdere neanche una parola della risposta che il giovane uruko terrestre avrebbe dato allo zio.

Gumbluk si sentì perciò al centro dell'attenzione, e la cosa, per lui nuova, in verità non dovette dispiacergli affatto.

Il ragazzo si alzò infatti, dalla sua seggiola, con una certa prosopopea, assumendo un aspetto serio e pensoso. Fissò severamente la corte, facendo scorrere il suo sguardo su ogni individuo.

Si volse quindi infine verso lo zio Hor e, simulando un ghigno ironico, replicò a quest'ultimo:

 

    - Mi si chiede... se io ritenga la faccenda "leggermente seccante". E allora, e quindi, e perciò "io" dico a te, zio Hor: forse che tu la trovi addirittura più seccante della "faccenda delle rane"!? -

 

    La corte approvò entusiasta le parole di Gumbluk, sottolineandole con un sonoro applauso. Dopodiché si voltarono tutti, al colmo della curiosità e dell’interesse verso Hor, che osservava l'intera scena attonito, al colmo del proprio stupore, e che perciò iniziò a protestare:

 

    - Ma che vi applaudite!! Imbecilli volanti sui pascoli ricoperti dagli uri e dalle loro calde, cacate fumanti! che crockto vi applaudite!! -

 

    I membri della corte si ricomposero, offesi però dai modi gergali di Gummhor, che inveì poi verso il nipote: - E poi tu non fare il furbo! Sono io che ho fatto per primo la domanda, e tu non puoi rispondere con un'altra domanda! Non si può! Non vale!! E’ proibito!! -

 

    - Hi!? E cosa sarebbe questa qui... una regola!? Zio Hor! forse che anche "questo" l'ha detto il "Maestruccio" al suo "Discepoluccio", eh!? - Gumbluk disse questo sorridendo con sufficienza e paternamente a Gummhor, che rimase ammutolito e paonazzo, mentre un'ovazione proveniva intanto ormai dai membri della corte che avevano pienamente colto e approvato la sottile ironia del ragazzo terrestre.

 

    A questo punto però l'autorità suprema degli alieni lì presenti decise di interrompere la tenzone dialettica dei due Gummi. Egli si era alzato, e con un cenno solenne aveva ricondotto alla compostezza e al silenzio tutti i suoi sottoposti. Quindi sentenziò:

 

    - Io qui sono l'autorità massima. E come tale ho la responsabilità di pronunciarmi su tutto ciò che voglio, come è dovere, sacro e inviolabile, di chi ha il potere, e quindi l'ònere di comandare e fare tutto quello che gli pare e piace. Perciò, terrestri, IO ora decido che voi ci diciate tutto! Tutto quello che sapete su questa faccenda delle rane!! -

 

    Gummhor si rese conto di non avere scelta. Suo malgrado, e con la voce rotta dall'emozione, stava così per iniziare finalmente l'orripilante racconto delle "rane timide".

 

    - Vi chiedo solo di mantenere un certo contegno durante... -

    - ... zio Hor! -

    - Sshhh!! che fai? interrompi ancora prima che io abbia iniziato!? che crockto vuoi!? -

    - "Sua Maestà" ha detto che se la storia è interessante, ci riporteranno giù e ci lasceranno liberi! -

 

    - Eh!? bugiardo! Io non ho detto proprio nulla di simile! la tua lingua è dritta come la tua schiena!! -

 

    Hor sobbalzò. Il nipote, senza neanche accorgersene, aveva infatti detto una bugia bella e buona, e questo doveva in realtà essere una azione impossibile da parte di un mamelumo.

Il cacciatore uruko rimase quindi per un attimo pensoso, guardando in modo strano il ragazzo, dopodiché si rivolse nuovamente alla platea, assecondando comunque il tentativo del nipote: tacque infatti ostentatamente mentre la corte cominciava a mormorare con impazienza...

 

    - Insomma!! - proseguì allora il comandante alieno rivolgendosi ai due terricoli - ...cercate di capire! Comprendeteci una buona volta! Sono mesi e mesi che giriamo per lo spazio come degli scemi in cerca di chissà chi o che cosa, dentro questo maledetto affare senza neanche uno spigolo, un angolo per pisciare! Non potete capire che monotonia dentro questa palla, che palle!! Perciò... perciò vi prego: raccontateci la storia; raccontatecela e poi... e poi - a questo punto "sua maestà" studiò per un attimo i suoi cortigiani che lo guardavano con gli occhi sbarrati e colmi di speranza. Così, sicuro di interpretare il desiderio generale, poté tranquillamente concludere con fare solenne: - ... e poi IO vi riporterò giù fra gli altri esseri inferiori, a voi tanto simili, nonostante la vostra resistenza. E' inutile che insistiate! Non potete rimanere!! Così IO ho deciso... e ora tu inizia a parlare e facciamola finita, altrimenti... -

 

    Gummhor non si fece ripetere l'invito, chiedendo però con un cenno di potersi raccogliere un attimo nei suoi pensieri. Si chinò sui talloni, socchiuse gli occhi e cominciò a ricordare, e a gemere, e poi a singhiozzare, fra i commenti dei presenti.

Preso un respiro profondo, la voce penosa dell'ineffabile cacciatore uruko iniziò finalmente la triste e dolorosissima narrazione:

 

    - Oh! perché... perché mai proprio a me doveva capitare tutto ciò? io... tutto ciò mi ciò! Ohimè! E perciò io soffrìi... per ciò!! - pausa, mento alzato e indice che indica il soffitto della sala. L'uruko proseguì la storia fra i primi mormorii di ammirazione e stupore: - Ecco! sto camminando per un sentiero dal morbido manto erboso! questo piace molto alle piante dei miei piedi, mentre cerco le tracce della mia preda -  si alza, punta il dito verso la corte, ruota sui talloni disegnando con il dito un semicerchio nell'aria, poi continua: - Sniff! sniff!! la sento, ti odoro mia dolce leprottina dalle cosciotte opulente... (mormorii perplessi da parte dell'uditorio) sniff! ti ho visto! sei lì! la tua fuga mi ha eccitato! (i mormorii crescono, qualcuno comincia a toccarsi) ma ora sei mia, mia!! ora ti prendo... ora ti salterò addosso e godrò (mugolii e sudorazioni) mentre tu cercherai di divincolarti da me... inutilmenteehee... (svenimenti, chiamiamoli così). Ahaa!!?? (ci si riprende, con facce che sembrerebbero dire: bè, e che succede ora? è già finito tutto!?) Nohoo!! Tu, tu stai fuggendo, stai fuggendo da me, e io allora corro dietro te, corro dietro te verso quel luogo, il luogo maledetto, nefasto e viscido!! Puà! che schifo!! sono caduto! sono infine caduto nel regno stagnante di queste schifosissime, untuose rane, che noi osiamo chiamare timide, poichè esse usano nascondersi per loro maledettissimo istinto in ogni pertugio che di fronte ai loro occhi gli si offra!! -  pausa; volto raccolto tra le mani, posizione eretta e gambe leggermente divaricate - Aaahhhaag!!! Non posso muovermi!! Sono intrappolato, e il fango mi sta trascinando giù! è la fine... devo proprio continuare? Abbiate pietà di questo mio strazio nel ricordare tanta pena!! -

 

    Ma le proteste accesissime da parte della platea costrinsero in breve Gummhor a proseguire la storia. In questa, il povero cacciatore uruko era rimasto dunque intrappolato nello stagno delle rane timide, con il fango fino all'ombelico, e l'acqua fino al collo...

 

    - Infatti! avvenne proprio questo! rischiavo di morire di fame... però prima mi assalì un altro timore: la marea! anche gli stagni avevano l'alta e la bassa marea? e se la risposta era "sì", quale delle due dovevo aspettare? la prima o (speravo) la seconda? e poi, chi mi assicurava che le rane timide fossero vegetariane!? nessuno! voi lo sapete!? - gli alieni risposero guardandosi smarriti fra loro, negando con il capo e allargando le braccia.

Il racconto a questo punto continuò fra i singhiozzi di Gummhor, che rammentò l'obbrobrio della sua situazione impotente. Lui, il grande, ineffabile cacciatore degli uri delle praterie, sbeffeggiato da un branco di ranocchie che facevano la fila per saltargli sul capo e successivamente usare il suo naso come scivolo per tuffarsi spassosamente in acqua... in più, si rese conto ben presto e con ribrezzo che non  avrebbe mai potuto chiamare qualcuno!

 

     - Sob! E’ così, è proprio così!! Quelle schifose, infatti, come facevo per aprire bocca e gridare, per quel loro stramaledettissimo istinto che prima vi ho detto, mi... mi... mi SALTAVANO IN GOLA!!! puà!! che SCHIFO!! e... e allora, e allora, per quattro, lunghe notti, fino a quando non passò di lì un uruko che mi tirò fuori... fino a quel momento il motivo per cui non morii di fame fu anche quello che mi vietò sempre di chiamare qualcuno in mio aiuto, e che rischiò di farmi morire soffocato. Poiché delle due, una: o masticavo o non respiravo... e io MASTICAI, cumuli di rane, masticai... -

 

    Esausto, Gummhor cadde giù sul pavimento, esanime, sfinito dalla tremenda prova cui era stato costretto.

Gli alieni, ammutoliti, rabbrividirono soprattutto durante la parte finale del racconto. Ma non tutti. A qualcuno per esempio venne appetito.


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