IL
GIUSTIZIERE DELLA NOTTE
Dunque, proviamo:
“Sono io, palle rotte, il giustiziere della notte!!”… no, ci vuole qualcosa
di più incisivo, tipo: “Della legge se ne fotte il giustiz…” no, no! Basta!
Esco e poi… poi si vedrà.
Sono le ore due di notte. Il Giustiziere vestito di nero, l’equilibratore dei
torti si è attivato ed è ormai troppo tardi per i potenti ricchi e anche per
gli scocciatori poveri!
Fino a stanotte avete avuto la mia vita, spartendola tra scrivania e
televisione, fra stipendio e tasse, ma ora il Giustiziere si prenderà
le vostre…
Ecco la mia prima vittima, nera, di quel nero invadente che fa abbattere il
costo della mano d’opera, di quel nero che mi ha terrorizzato per tutta
l’infanzia: “Fai questo sennò chiamo l’Uomo Nero, fai il bravo se no chiamo
l’Uomo Nero”. Fino all’apoteosi del sadismo: “Dormi altrimenti viene l’Uomo
Nero!” Si può essere più idioti? Come cacchio fa a quel punto un poveraccio ad
addormentarsi?
Finalmente…
“Evualà! Uomo Nero, ci vediamo alla fine, faccia a faccia!!”
“Porc…! Mi ha fatto prendere un colpo!! Ma le sembra normale fermare la
gente per strada in questo modo?”
“Uomo Nero! Avanti! O forse sei capace di mettere paura solo ai ragazzini?
Anzi, nemmeno quello: mandi avanti le donne a rompere le balle e poi a te
chi t’ha mai visto arrivare in camera, nessuno! E la paura di addormentarsi
che arrivavi veramente, e gli incubi, e poi ero pure figlio unico e non si
potevano fare i turni per stare di guardia e poi…”
“Alt! La prego, mi ascolti! Io non so proprio di cosa stia parlando, però
guardi, lei mi sta illuminando. Da sempre mi sono chiesto perché, perché,
perché esistesse il razzismo, perché tanto odio verso chi aveva la pelle nera…
ma ora è tutto chiaro! Io la ringrazio, lei non può capire ciò che significhi
per me sapere finalmente il motivo reale, anche comprensibile, in fondo… mi
metto nei panni di di tutti i bimbi bianchi: ogni notte una cretina viene a
dirti che arriverà l’Uomo Nero! Da denuncia! Ma come mai però… è un fatto
genetico?”
“E’ inutile che fai il santarellino. Il motivo lo sai benissimo qual è. Sono
secoli che per le donne bianche rappresentate per alcune il terrore, per altre
la speranza… sì, insomma, siete un chiodo fisso che gli sta lì, per via di
quelle dicerie, leggende che vanno in giro, formatesi lungo i secoli di stupri
da voi perpetrati durante le vostre scorribande: era lungo così, era grosso
così, camminava, parlava, alla fine fumava pure una sigaretta!! E’ solo colpa
vostra, è inutile che cincischi. E ora a noi!!”
Colpito! Guardalo lì, non sa più che dire il moro. Fruga, sta frugando in
tasca.
Un coltello, sicuramente ha intenzione di estrarre un coltello per
minacciarmi, oppure…
“Sigaretta?”
“Ah! Sì, grazie”.
“Volevo chiederle… le sembra giusto che io debba pagare per delle storie
legate ai miei antenati?”
“Avete forse mai preso le distanze da quei fatti? Li avete mai rinnegati? No!
Fate né più né meno come i Savoia con quella vergogna che furono le leggi
razziali degli anni trenta!”
“Ma allora lei è contro il razzismo…”
“Uh!? Ma che dici. Forse che gli ebrei sono neri? Avanti rispondi: gli ebrei
sono forse neri?”
“No, però…”
“E allora semplicemente ci fu un errore, tutto qua!”
L’Uomo Nero è ormai sull’orlo della disfatta. La mia opera sta quasi per
concludersi, ma non gli risparmierò tuttavia il colpo di grazia che lo vedrà
tramortito sul marciapiede.
Proseguo mentre godo dei suoi occhi strabuzzati dal terrore:
“E ora veniamo alle storie non legate ai tuoi antenati. Voi venite qui a
rubarci il lavoro che noi non vogliamo e ci lasciate l’altro. E così alla fine
dobbiamo lavorare lo stesso. E uno. Due: abbassate il costo della mano d’opera
che a noi non interessa, così dopo non avete i soldi per comprare ai nostri
negozi e non li avete neanche per prendere in affitto un appartamento, e
chissà dove andate a dormire… Tre: mandate i soldi in Africa! Almeno un tempo
da qui andavano in Svizzera, che è più vicino! Tu, per esempio, che attività
fai qui da noi? –
“E’ una lunga storia: vede, mio padre, figlio di un italiano e di una donna
etiope, era un ingegnere di una famosa azienda di Milano. Solo che, vedendo
come la scuola in Italia si andasse sempre più riducendo a una sorta di
parcheggio con maestri e professori sempre più costretti a fare i baby sitter
piuttosto che a insegnare, mi mandò fin da piccolo a studiare di qua e di là
per il mondo. E’ per questo che parlo correntemente cinque lingue. Ora sono
uno scienziato affermato, ma sto cercando di andare via da questo paese dove i
soldi delle tasse che pago vengono investiti nella ricerca in modo irrisorio,
almeno secondo me. Potrei dare qualcosa di importante, lo sento, ma che vuole,
in questi casi è il normale destino di noi italiani, quello di doversene
andare da un’altra parte… “
La faccenda si sta ingarbugliando per i miei gusti. Forse è meglio che… acc!
Arriva qualcuno! Indifferenza , indifferenza…
“Dottor Carli, a quest’ora… rientra o esce? “
“Rientro, rientro. Solo che stavo facendo due chiacchiere con questo signore
che ho incontrato qui, proprio davanti al portone…”
“Ma lo sa, dottor Carli, che forse faceva orari di lavoro più comodi se fosse
stato un poliziotto come me?”
“Non ne dubito, ma che vuole, il lavoro…”
“Troppo! Lei lavora troppo! Bè, almeno si è fatto due chiacchiere, una volta
tanto, con questo suo amico”.
Preciso di non essere amico del Carli.
“A no!? E chi è allora? –
Rispondo di chiamarmi Caputo, Caputo Gennaro.
“Caputo eh!? Ma va sempre vestito così lei? Mi sembra che so, Zorro, l’Uomo
Nero…. E dove lavora di bello?”
Replico di non sapere affatto dove possa lavorare tale Di Bello. Aggiungo
comunque, tanto per anticipare la sicura domanda del poliziotto che ha ormai
deciso di tampinarmi, che il sottoscritto lavora presso la società di prodotti
farmaceutici OXPOL come addetto alla sicurezza di igiene ambientale dello
stabile.
“Ah! Fa le pulizie! Passa lo straccio, vuota i cestini, pulisce i gabinetti,
ho
capito! Eh, che ci vuol fare, signor Caputo, questi lavori li fanno sempre
fare ai meridionali, non si sa perché… “
Lo odio. E così mi sfugge che evidentemente agli stronzi della società piace
che qualcuno la sera caghi per sfregio dentro i cassetti delle scrivanie degli
impiegati lasciati incautamente aperti.
“Spero che dica per scherzo…però: OXPOL! Non è il nome della sua azienda,
dottor Carli?”
“In effetti mi sembrava di avere già visto il viso del signor Caputo da
qualche parte! Così risponde a lei il defecatore che stiamo cercando da un po’
di tempo!”
Fuggo. Anche se non ho un’idea precisa di cosa sia un defecatore, che domande
io gli abbia mai fatto e che cosa di conseguenza possa mai avermi risposto, mi
rendo conto, alla mia prima uscita come Giustiziere della Notte, di trovarmi
improvvisamente senza più lavoro. Disoccupato per colpa di un negro, e questo
prova quanto io abbia ragione e anche quanto non debba abbattermi ma
continuare, nel favore delle prossime tenebre, per la salvezza del domani…
IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE II
Allora, rieccoci qua. Stesso squallido monolocale.
Però non sono più disoccupato: ho trovato un lavoretto niente male in una
gelateria.
Uhmmm…. Già, però intanto, ho sempre lo stesso problema: è notte, io sono
pronto, il vestito nero da giustiziere della notte è pure pronto, ma seguito a
non avere uno slogan di presentazione decente.
Forse, chissà, qualcosa di solenne, addirittura lirico…. Ci sono! La Tosca!!
- E lucean le stelle a frotteeeee…. Sui passi fragrantiiiiiii del
Giustiziere della Notteeeeeee…. –
No! No! Bocciato: quelli della SIAE sono tremendi, vanno a fiuto, ti beccano
nei posti più impensati. Preferisco qualcosa che dia immediatamente l’idea
tipo… ma sì!!
- Tremate o tossici, ladri e/o mignotte, davanti a voi è il giustiziere,
Giustiziere della notte! –
Mica male, mi sembra che fili… bè, andiamo.
E rieccomi qui. Periferia della periferia di Milano.
Ed eccola lì, lei, la donnaccia, la prostituta che vergognosamente dà a
pagamento ciò che in realtà è di proprietà della Natura. E la Natura è di
tutti. E quindi anche mia, non fa una piega, non fa.
- Tremate o tossici, ladri e/o mignotte, davanti a voi è il giustiz… -
- Vai, vai a casa… -
- … iere, Giustiziere della notte… ehmm cioè io -.
- E poi dicono che siamo noi, “strani” –
- Uh? Strani? Casomai: strane. Avanti, prostituta, alzati dal tuo sgabellaccio
e… Però, sei alta eh!? –
- Senti bene, bello: io qui devo lavorare. Perciò, se vogliamo andare, patti
chiari…. Uhmmm….ho capito, sei un timido. Come mai? Non mi dire, è la tua
prima volta! Su, non aver paura, ascolta amore: ho qui con me una bella
sorpresa, un bel giocattolone, tutto, tutto per te! Allora, lo vuoi, il
giocattolone? –
L’ultima frase ha su di me un effetto devastante. Comprendo infatti
violentemente di non essere affatto preso sul serio da quella donna, e così
decido in breve di fare un passo verso di lei per afferrarle e torcerle il
collo. Poi potrò tornare a casa, soddisfatto per l’esito positivo di questa
mia seconda missione.
Inaspettatamente però la meretrice, comprendendo evidentemente il pericolo,
propone d’un tratto la propria resa iniziando a sbottonarsi lasciviamente per
offrirsi gratis, allineandosi e correggendosi come è giusto che sia, per la
legge della Natura prima citata dal sottoscritto…lo ammetto, sono eccitato, e
lei se ne accorge mentre dico: “dai, dai!”
- Ehi! Cos’è all’improvviso tutta questa fretta! Ti sei sbloccato eh!? Era
ora!! –
- Mmmm… ah, le tette! Sì, avanti, giù la gonna , giù! giù…bè? E questo… che è,
uno scherzo, un wurstell, tuo cugino, un trucco… chi sei, il mago Silvan? –
- Ma, amore!! Questo è il giocattolo che ti avevo promesso… su, vieni! –
- Cazzo! –
- Ma sì, chiamalo come vuoi…-
Mi divincolo, scalcio e contemporaneamente affermo che non mi frega una sega
di come minchia si chiama quel cacchio di fava del cazzo che è apparso in quel
modo schifoso facendomi cagare sotto dalla paura! E perciò protesto:
- Ma come ti chiami tu, piuttosto!! –
- Io? Arti -.
- Arti? E che nome sarebbe? –
- Sarebbe Arturo, ma tutti qui mi chiamano Arti –
- Arturo… ma, e queste poppe? –
- Bè, anche tu non stai male, sai? –
- Alt! Ferma, fermo, fermi tutti, non si tocca!! E poi questo è solo grasso,
capito? Grasso, lardo, ciccia, e stop –
- Come preferisci, sono trenta euro -.
Replico immediatamente con una serie di minacce mute, mimate con le mani, con
la faccia e con il resto del corpo, non trovando lì per lì le parole più
adatte per rispondere alla tracotante pretesa assurda del giocattolaio del
menga.
- Ho capito, non vuoi pagare. Uffa, che palle: Spartacooohoo! Spartaco, vieni
qui che ce ne sta un altro che non vuole pagare! –
- Ih! E chi arriverebbe adesso, un altro giocattolaio? E che volete farmi, mi
tirate i capelli, mi date i pizzicotti!? –
Spartaco. Barba, baffi, ricci, moro, due metri, grosso, tatuaggi, eccetera.
Rutto enorme, poi:
- Allora Ciccì, che c’è Ciccì? Ma tutti te, te li vai a beccà, li morti de
fame!? E mo che je faccio a questo qua? Già è nero, come faccio a fallo nero?
Senti a coso, Calimero, a Calimè, vedi da pagà che se no te spremooohooo!! –
- Ma se non ho neppure consumato! –
- Però m’ha fatto perdere un sacco di tempo, capito Spartaco? –
- Sì, Ciccì, nun t’arabbià, nun t’arabbià. Senti, Zorro, famo così, visto che
devi consumà, sceji: o paghi e poi vieni ‘ngroppato, oppure vieni prima
‘ngroppato, e dopo paghi, eh che dici? –
- Eppure… -
- Che c’è, Ciccì? –
- Ma questo, questo tizio qui, non lavora alla gelateria di tuo fratello
Armando? –
E’ troppo. Fuggo, anzi, rifuggo un’altra volta. E inoltre se ben capisco
quello che Spartaco mi sta gridando dietro:
- Scappa! Scappa pure!! Tanto domani je lo dico a mi fratello che ar negozzio
c’ha un gelataro zozzone! A zozzoneehhhee!! Pure co’ li froci vai (scusa Ciccì
nun ce l’ho co’ te)!! E dopo tocchi pure li coni gelato co’ le mano!!! Te
faccio licenzia, te faccio licenziaaahaaa!!!! -
Dicevo appunto che, se ho ben capito, sono nuovamente disoccupato. Ma allo
stesso tempo ancora più consapevole dell’importanza vitale della mia missione.
Per questo continuerò la mia opera, sempre nel favore delle tenebre, per un
chiarore possibile dopodomani che è un altro giorno, e si vedrà… (citaz. lib.
adatt. dal film “Via col vento”successivo alla parte finale: “E di me che ne
sarà?” “Francamente, me ne infischio” , ma Clark Gable non disse “me ne
infischio”, ne sono strasicuro).
IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE III
"Quando un vecchio scambia un molosso per uno yorkshire..."
Ricalano le tenebre mentre anch’io mi calo, da questa grondaia che dal primo
piano dove ora abito porta direttamente sul buio e tetro cortiletto esterno.
“Ecchissenefrega!” direte voi, perché ignari…
Ecco, sto risalendo un’altra grondaia, quella del palazzo di fronte; ed ora
che finalmente sono sul balcone dell’appartamento dell’avvocato Bertoni mi
introduco minaccioso nel salotto dove l’uomo, ignaro anch’esso, sta guardando
la televisione.
Egli mi guarda, con quegli occhioni strabuzzati ed atterriti da un terrore
pateticamente celato da una montatura di occhiali di altri tempi, tempi in cui
era stato il famoso Principe del Foro avv. Bertoni. Mi osserva ancora, mentre
con indifferenza ostentata mi siedo su una poltrona di fronte alla sua,
servendomi liberamente un liquore dal tavolinetto di servizio lì accanto. Lui
zitto, impietrito.
Solo dopo un paio di minuti pesantissimi trova infine il coraggio di
balbettare qualcosa.
- Ma, ma… ma che cacchio fa!? Entra dalla finestra, si siede, si serve, ma
dove crede di trovarsi, a casa sua!? –
- Ehmm… ecco, è che l’avevo vista così, così impietrita. E allora ho pensato
che potevo… -
- Impietrito! Sbalordito vorrà dire! Sbigottito, diremo! Con questo caldo, in
pieno agosto di un agosto a dir poco terrificante, praticamente senza
ossigeno, lei che fa? Sale dalla grondaia del palazzo… E se le prendeva un
infarto e cadeva e si ammazzava!? –
- Bè, e a lei che gliene fr… -
- Me ne frega!! Me ne frega, caro il mio topo d’appartamenti da quattro soldi.
E sa perché me ne frega? -
- Non sono un topo d’app… -
- Me ne frega perché con le leggi che ci sono… -
- Infatti è appunto per questo che sono ven… -
- Silenzio!! Taccia e non interrompa! Lei è un incosciente, ecco cosa è! Lei
cade dalla grondaia, muore ed è tutto sistemato, fine dei suoi problemi. Io,
io invece, che me ne stavo tranquillo, buono buono a casa mia a guardare il
mio programma preferito… zac! Il giorno dopo, sbattuto sulla prima pagina dei
giornali: “Famoso avvocato getta povero disperato dal balcone solo perché
riteneva che costui fosse un ladro”. Le pare giusto? Senza poi contare il
fatto del conseguente scontato ritorno anticipato di mia moglie dalle vacanze,
una tragedia, insomma!! –
Silenzio tombale. Sono quasi tentato di arrendermi, e di tornarmene da dove
sono venuto. Ma poi, il fatto che il tizio a questo punto si sia finalmente
zittito, e che cominci ad osservarmi come temendo una mia possibile reazione,
mi ridà un barlume di dignità per replicare:
- Io non sono un ladro! –
- Ah no!? Ma guarda, ed allora, vediamo, provo ad indovinare, lei è,
sicuramente… -
- Io sono Il Giustiziere, Il Giustiziere della Notte! –
- Alla faccia di Comma! E che ci fa qui un giustiz… ah! È venuto per me, è
venuto a giustiziare me! E chi la manda, mia moglie, mia suocera? –
- Io sono qui solo perché lei è un avvocato -.
- Ah! E non poteva prendere semplicemente un appuntamento? Mi perdoni se la
domanda le può suonare un po’ banale, sa, non vorrei sembrarle un tipo
eccentrico…
Lui mi sfotte, l’ho capito e allora comincio a perdere la pazienza. E così
batto un pugno sul tavolo del salotto, mi alzo in piedi e grido in faccia a
quell’avvocato del menga che un “giustiziere della notte” non prende
appuntamenti di giorno, mai!
- Uh? E che significa, non capisco… telefoni di notte allora, se preferisce,
tanto c’è la segreteria telefonica che raccoglie gli appuntamenti. E poi non
alzi così tanto la voce, altrimenti Sandokan potrebbe svegliarsi e sbranarla,
io l’avviso! –
- San… -
- Uff! Non è un "santo"! E’ un cane, è un cane! Il mio yorkshire… uhmm, sì: “yorkshire",
credo; è un po’ sordo, povera bestiola. Però non si sa mai: abbassi la voce,
si rimetta seduto e mi spieghi finalmente cosa diavolo lei vuole da me! –
Faccio come dice lui. Lì per lì però non trovo più le parole che mi ero
preparato tanto bene per approcciare il discorso. Così prendo alla fine il
coraggio a due mani, e taglio corto:
- Voglio un porto d’armi -.
- Voglio… -
- Vorrei -.
- Ha il permesso della questura per esercitare? –
- Esercitare cosa? –
- Come “cosa”! Ma la sua attività, no!? Lei, insomma, ha o non ha la patente
di “giustiziere della notte”!? –
- No, però… -
- E allora lei non può avere il porto d’armi, ovvio! E fine del discorso… -
Mi rialzo di scatto in piedi, mi volto verso la finestra, mi rivolto verso
l’avvocato Bertoni, e sbuffo, e sbotto:
- Non è giusto! Non è giusto!! Io devo, devo avere un’arma per lavorare! In
fondo c’è gente che guida la macchina in modo ignobile, e c’è gente che tiene
belve mascherate da cani; perché allora io non poss... –
- Scusi se la interrompo! Dunque, io sono d’accordo con lei. Ma, vede, caro
lei, “chi” impugna, pardon, guida “ignobilmente” un’autovettura, ha una
patente! E per quanto riguarda le belve travestite da cani, se allude al mio
Sandokan, la informo che la bestiola è registrata regolarmente e ha la sua
medaglietta. Lei ce l’ha la medaglietta? No! Et dunquem et quinci et quindi:
lei non può avere un porto d’armi. E poi, insomma, si può fra l’altro sapere
per quale motivo si è rivolto a me per una faccenda come questa? –
- Ecco… -
- Le risulta forse che il sottoscritto rilasci porti d’arma, porto d’armi,
porti d’armi, accidenti! Insomma: mi ha capito! –
- Lei è un avvocato -.
- Appunto -.
- E per questo, supponendo che ci potessero essere dei problemi per avere un
porto d’armi, ho pensato che magari, con un avvocato, una scappatoia legale…-
- Eh!? Ma che cazzomissis crede, che va supponendo, Lei!! Sono secoli e secoli
che “noi” in Italia ci facciamo un mazzomissis così, per fare leggi e
controleggi e contro-controleggi a scatafascio, per poterci fare gli
stracazzomissis nostri, e poi, e poi ti arriva una notte dalla grondaia un
cialtrone nero a parlare sfacciatamente di “scappatoie”! Lei è moralmente
indegno… -
- Ma guardi avvocato Bertoni, che non è così, non si alteri! –
- … e magari pure gratis! –
- Questo sì! D’altronde a me nessuno paga nulla per questa missione civica
volontaria che… -
- E allora è scemo! E comunque in antitesi profonda alla mia persona! Via, non
voglio più vederla, se ne vada immediatamente, altrimenti chiamo il mio cane!!
–
Comprendo soltanto adesso con quell’ultima ingenua frase dell’avvocato, che ho
sbagliato tutto, che ho preteso probabilmente troppo da un individuo ormai
preda di evidente senescenza, e perciò cerco di accomiatarmi:
- No, avvocato, lo lasci dormire lo yorkshire sordo. Sa com’è, si dovesse
mettere paura e diventare anche muto per lo spavento (ghè! ghè!) –
- E invece lo chiamo: Sandokan! Vedremo se riderà ancora, dopo: Sandokaahannn!!!
–
. . .
Quando ho visto arrivare Sandokan ho rammentato con profondo orrore una
storiella che avevo sentito per caso in un bar, due giorni prima. Era la
storia, in origine una barzelletta, su un uomo che, stufo di vedere i propri
cagnolini aggrediti e azzannati nel parco comunale da cagnoni di grossa
taglia, in un primo momento replica soltanto verbalmente alla solita frase
insulsa “lo scusi, al cane piace giocare” con “e allora gli compri un mazzo di
carte!”; ma poi, stufo di subire quella situazione, si ribella e vendica i
suoi cagnolini comprando un coccodrillo e facendogli fare una plastica da
bassotto prima di portarlo a spasso nel parco.
Ricordo che risi molto fra me e me, nel sentire la storiella; ma ora, ridotto
a brandelli, una lacrima scende silenziosa sul mio viso al suo ricordo, mentre
sento l’ululare sinistro dell’ambulanza che mi sta portando finalmente via ,
così tanto, tanto brutalmente simile a quello dello yorkshire dell’avvocato.
IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE IV
"Le faremo sapere"
Non mi sento a mio agio, per niente.
Un giustiziere della notte che opera di giorno… bà.
Calmo, stai calmo. Questa è “logistica”. Bella parola.
L’ho letta ieri sul vocabolario e ho scritto su questo foglietto la
definizione. Logistica: “settore dell’arte militare che organizza le attività
riguardanti gli spostamenti, l’alloggiamento, il rifornimento dei
viveri,l’armamento e sim. delle forze armate, al fine di assicurarne la
massima efficienza: l. navale, aeronautica, terrestre “.
Perciò sto in regola.
Ricapitoliamo. Mi trovo dentro una saletta in attesa che venga chiamato per un
colloquio di lavoro. Devo ricordare le volte in cui sono andato male e perché…
Dunque, quella volta, la prima volta, ah sì! Data Base srl, maggio 1984,
Milano. Passo lo scritto, passo l’orale, colloquio con uno psicologo, o
spacciato per tale. Complimenti, frasi di circostanza, altre chiacchiere e poi
mi fa:
- Lei cosa ne pensa del fatto accaduto a Firenze ultimamente, mi riferisco ai
“falsi di Modigliani”… -
- Intende lo “scherzo”, quei ragazzi che hanno fatto ritrovare quelle
sculture, se non ricordo male, imitazioni ben fatte dello stile di Modigliani
-.
- Appunto… -.
Che risposta vorrà ora questo qui? Pensai. D’altra parte è meglio rispondere
subito, per farsi vedere sicuri, decisi.
- Bè, a me ha fatto ridere… cioè, volevo dire, è riuscito, ci sono caduti
tutti, un sacco di intenditori, mi pare… -
- Ah! A lei ha fatto ridere… -
- Ehmm, non proprio ridere, ridere forte “Ah! Ahà!”, ecco, un sorriso, solo
un sorriso amaro, parecchio amaro, perché poi ho pensato: e l’arte italiana, e
insomma… -
Mi guarda, mi fissa, torna a osservare la penna che si rigira con supponenza
fra quelle dita bianchicce. Mi fissa e dice quell’altra frase del menga:
- Che ne pensa lei dei “raccomandati”?
- Porc.. –
- Come?
Capisco che è finita. Mi rilasso, lo guardo e replico con stanca naturalezza.
- Penso che io non sono raccomandato -.
- Va bene, basta così. Può andare e le faremo sapere. –
La volta successiva ero presentato/raccomandato a una ditta di Torino.
Era fatta. Io, il presentatore/raccomandatore, e il direttore. Quasi una
scampagnata fino a quella domanda:
- Bene signor Caputo, credo che non ci siano problemi, però mi permetta di
chiederle una cosa -.
- Mi chieda… -
- Ecco, perdoni l’imbarazzo, però vede, spesso quando assumiamo personale
proveniente dal sud… insomma, voi napoletani si sa, siete attaccati alla
famiglia, ai vostri luoghi di nascita. In breve, non è che una volta a Torino
dopo un po’ lei mi comincia a chiedere un avvicinamento, un trasferimento
magari alla sede di Roma, mi capisce? –
- Guardi dottore, che io sono nato a Milano -.
- Ma il cognome, Caputo, voi Caputi non siete forse attaccati alla
famiglia, ai luoghi dove siete nati…-
- Perché, è un difetto? –
Errore. Potevo tacere, e non lo feci. L’imbarazzo calò con tutto il piombo
della terra sul commenda torinese che bofonchiò un “no, no, certo che no”, e
su chi mi aveva portato lì.
Dieci secondi dopo ero fuori la porta, liquidato con il solito “le faremo
sapere”.
Non vidi più nemmeno l’amico che mi aveva presentato/raccomandato, che da quel
giorno si curò di evitarmi come meglio poteva.
Ah, ecco che inizia la selezione. Il posto in palio è per una sola figura da
impiegato amministrativo..
Inizialmente m’era apparso subito strano che dei sette candidati che erano
presenti con me in quella saletta uno fosse tranquillo come quel tizio che un
po’ leggeva il giornale e un po’ sghignazzava al telefonino.
Ora ne comprendo il motivo.
E’ il primo ad essere chiamato dal selezionatore apparso sulla porta.
Quest’ultimo attende pazientemente che il tizio termini la telefonata e poi,
con un sorriso a trecentosessanta gradi gli fa: “Sei arrivato! Dai entra che
ci sbrighiamo subito!”.
Tutti gli altri si alzano, borbottano e se ne vanno, ma non il sottoscritto.
Mai stuzzicare un giustiziere della notte nelle ore diurne…
L’evidenziatore giallo dimenticato su un mobile della saletta da qualcuno mi
invita alla tremenda rappresaglia.
Vado alla fotocopiatrice e faccio un disegno sul vetro. Nessuno mi ha visto.
Spiego: il disegno fatto con un evidenziatore giallo sul vetro di una
fotocopiatrice non è visibile da chi va a fare le fotocopie, ma viene comunque
riprodotto sulle fotocopie (provare per credere).
Finalmente una segretaria entra e poi riesce dalla stanza del funzionario
pseudo selezionatore, dirigendosi con una serie di fogli verso la
fotocopiatrice. Inserisce la mazzetta nel raccoglitore. Pigia il pulsante
“start”, iniziano ad uscire le fotocopie, una sull’altra. Comincio a godere.
La segretaria raccoglie alla fine le fotocopie tutte insieme e s’allontana
dopo aver riconsegnato nella stanza le copie originali..
La seguo.
Rientra in un’altra stanza al piano superiore; la targhetta sulla porta “dice”
Dr. Calindri - Direttore.
Comincio a godere di più.
Attendo finchè non sento gridare:
- Marisa! Ma sei impazzitaaahaa!?? Vieni qui immediatamenteehee!!
- Eccomi! Cosa è accaduto signor direttore!? –
- Mi vuoi spiegare cosa sono questi documenti con sopra tutti questi cazzi
mostruosi!!?? –
- Ma, ma direttore, io non c’entro niente, sono documenti che mi ha dato
per lei il ragionier Guazzalotti, qui sotto, all’ufficio selezione del
personale! -
- Guazzalotti, Guazzalotti ha detto. Benissimo. Porti allora in cambio questa
notizia al ragioniere in attesa della successiva uguale e scritta! -
- Sì direttore, subito signor direttore, cosa devo dire signor direttore? –
- Poco, Marisa… solo quattro parole: “Guazzalotti, lei è licenziato!!” così
lui smette di ridere per questo scherzo idiota… e comincio io, ah! ahà! –
E così se ne va sghignazzando una volta tanto anche il sottoscritto.
Non avrò avuto quel posto, ma il destino ha inesorabilmente aumentato ormai la
mia competenza.
Però ora il dilemma: “Giustiziere della notte e/o di giorno”, “Giustiziere
della notte per un nuovo giorno”, o “Giustiziere di giorno per dormire bene la
notte”? Potrei scegliere, ma potrei anche scegliere tutto…